tram e trasporto pubblico a Roma
L'alimentazione a gasogeno sugli autobus ATAG, 1934-1944
Un gasogeno per la produzione di gas povero, almeno per le applicazioni all’autotrazione, può essere alimentato a legna o a carbone. Per gli autobus romani fu sistematicamente utilizzato solo il primo tipo (generatori su licenza Imbert, Eva e Dux), mentre il generatore a carbone su licenza Nostrum trovò applicazione sperimentale dapprima sul Lancia Omicron 867, e quindi sull'ultima serie dei Fiat 656 entrati in servizio nel 1936, autobus che però risultano convertiti a gasolio già nel 1940. L'alimentazione a gassogeno, che fu utilizzata anche per gli autocarri, si rivelò subito fonte di problemi a non finire per lo scarso rendimento e la difficoltà di provvedere e conservare le scorte di carburante, ma nonostante gli inconvenienti e i maggiori costi di esercizio fu imposta per la volontà di Mussolini di staccare gradualmente il paese dal ricatto delle importazioni, nel caso specifico dei carburanti, il cui costo era comunque andato crescendo per le conseguenze della crisi economica mondiale del 1929.
La produzione del gas d’acqua, miscela di ossido di carbonio e idrogeno, si basa sull’azione dell’acqua sul carbone portato ad una conveniente temperatura, secondo la reazione H2O+C=CO+H2. L’acqua passa allo stato di vapore e si dissocia fornendo ossigeno, che si combina con il carbonio dando luogo ad ossido di carbonio e idrogeno.
Il primo autobus romano con alimentazione a gassogeno fu messo in circolazione sperimentale dal 20 agosto 1934 sulla linea CP. La vettura prescelta per l'esperimento fu un Lancia Omicron corto a benzina, la vettura B.1001 che, per l'occasione, fu rinumerato G.1001. Per la sua trasformazione con il generatore brevetto Imbert si rese anzitutto necessario intervenire sullo sbalzo posteriore, dotandolo di un piano di lamiera dotato di un incavo, necessario per il montaggio dell'alimentatore. Radicale fu la trasformazione del motore, l'usuale Lancia-Junkers di derivazione sportiva caratteristico di questi veicoli, del quale fu notevolmente aumentato il rapporto di compressione con dei pistoni di maggiori dimensioni. Nell'impianto elettrico, allo scopo di poter vincere la maggiore resistenza prodotta dall'aumentato rapporto di compressione, l'usuale motorino di avviamento da 12 V fu sostituito con un nuovo motorino a 24 V alimentato da due batterie da 12 V normalmente connesse in parallelo, ma che erano collegate in serie alll'azionamento del bottone della messa in moto. Allo scopo di ottenere una velocità pari a quella ottenuta col motore a benzina fu necessario aumentare il rapporto di trasmissione.
Varie sistemazioni del generatore (Lancia Omicron e Alfa 110-AG).
Schema del gasogeno Imbert.
Il generatore del gasogeno, sistemato posteriormente, contiene internamente un serbatoio cilindrico nella parte alta e terminante in basso con due coni rovesciati uniti per il diametro più piccolo: il legno, in piccoli pezzi irregolari del volume medio di mezzo decimetro cubo e con un preciso tasso di umidità, viene caricato dall'alto fino a riempire completamente un secondo recipiente, interno al serbatoio. Quest'ultimo è immerso parzialmente con uno strato di carbone di legna che occupa il fondo del serbatoio e che, nella parte più stretta, è dotato di cinque aperture da cui viene immessa l'aria necessaria alla combustione. L'aria viene aspirata da apposite valvole, che entrano in funzione contemporaneamente all'accensione dell'apparato. L'aspirazione è provocata dal richiamo di gas da parte del motore. L'ossido di carbonio attraversa lo strato di carbone, che pur portato a temperatura elevata non brucia, mentre durante questo passaggio il biossido di carbonio prosegue il suo percorso verso il motore. Durante questo processo l'acqua contenuta nella legna, portata ad altissima temperatura, si trasforma in vapore, e quest'ultimo, attraversando il punto di maggior calore, si dissocia fornendo ulteriore ossido di carbonio, che prosegue verso il motore assieme all'idrogeno e ai gas inerti. Passati in una camera di calma, i gas raggiungono finalmente il miscelatore, apparato che fa le veci dell’ordinario carburatore: qui il gas è miscelato con la quantità d’aria necessaria alla combustione nei cilindri.
Altri componenti dell'apparato sono i seguenti.
Per l'avvio del generatore e del motore si devono inizialmente lasciare chiuse le prese d'aria ed avviare l'impianto che aspira il gas verso il motore. L'aspiratore si apre premendo a fondo il pedale acceleratore, così che all'interno dell'impianto si provochi un improvviso e repentino richiamo d'aria attraverso le prese che erano state inizialmente lasciate chiuse. A questo punto è necessario avvicinare uno straccio acceso alla valvolina di accensione in modo da non ostruire il foro, in una posizione che, verso il basso, consenta all'aspirazione in corso di attrarre la fiamma verso l'interno ed avviare la combustione della legna. Nel tempo di un minuto la legna dovrebbe prendere fuoco, mentre ne basterebbero cinque per la produzione di gas buono per l'avviamento del motore, ma il condizionale è d'obbligo, dal momento che l'avvio della combustione di legna umida in tale lasso di tempo appare quantomeno improbabile nonostante la fortissima aerazione ed anche all'avvio della combustione stessa sembra che i minuti necessari all'avvio del motore siano sempre stati ben più dei cinque indicati nel manuale di gestione e manutenzione dei gasogeni. A prescindere dal tempo necessario quando l'alimentatore inizia la produzione di gas buono è necessario premere nuovamente a fondo il pedale acceleratore, per mantenere alta e costante l'aspirazione del gas stesso verso il motore nel momento della messa in moto, particolarmente difficoltosa per l'elevato rapporto di compressione del motore.
Rifornimento dei gasogeni su Lancia Omicron al
deposito Portonaccio (27-XI-1942): notare
la situazione in cui si trovavano le rimesse, piene dei sacchi contenenti la legna
necessaria a rifornire le vetture.
Accensione del gasogeno (deposito Portonaccio, 15-XII-1942);
trasporto del carburante a mezzo di un convoglio merci tramviario.
Tutte queste operazioni dovevano essere effettuate ogni giorno e per ogni singolo autobus in uscita (immaginiamo con quanta gioia del personale incaricato, e con quali invettive nei confronti dell'innovazione nazionale e di colui che ne era stato più o meno direttamente il fautore), ma non meno laboriose erano quelle da effettuarsi al termine del servizio e nell'ordinaria manutenzione dell'impianto.
In primo luogo era necessario, ad ogni rientrata e sempre per ogni singolo autobus, svuotare la vasca di condensa, dove si era accumulata l'acqua distillata dal vapore sulle pareti interne del generatore. Durante le ore notturne doveva inoltre essere effettuato il rifornimento di legna per il servizio del giorno successivo, ma per far ciò era anzitutto necessario rimuovere quella eventualmente avanzata dal giorno precedente: l'operazione si effettuava con un apposito strumento di metallo da manovrare dalla cima del generatore. Sempre a cadenza quotidiana, come per il rifornimento, si doveva intervenire sul fondo del serbatoio per rimuovere la polvere di combustione e le impurità, rimuovendo e reimmettendo il carbone ivi contenuto, curando eventualmente di colmare il livello dello strato all'altezza delle cinque aperture da cui viene immessa l'aria necessaria alla combustione.
Il manuale di gestione e manutenzione dei gasogeni prescriveva inoltre alcune operazioni periodiche:
Per gli autobus con motore a gasolio la trasformazione si rivelò ben più complessa. Per la conversione di un motore Alfa Romeo F6-M317 si rese infatti necessario:
Queste complicazioni lasciano intendere il motivo per cui la trasformazione degli autobus diesel si fermò alle sole due vetture 3101 e 3103 (Alfa Romeo 80N). Com'è facile immaginare la gestione degli autobus a gassogeno era comunque tutt'altro che semplice, e questo perché alle complicazioni che si sono fin qui descritte occorre aggiungerne altre: c’era innanzitutto la questione del combustibile, che doveva essere legna tagliata nella citata pezzatura media di mezzo decimetro cubo, non troppo secca, anzi con un ben definito contenuto di umidità, per poter dare l’acqua necessaria alla formazione del gas, e ne occorrevano circa 120 kg per riempire il generatore di un Lancia Omicron al quale, tra l’altro, neanche erano sufficienti per l’intero turno giornaliero, obbligando a rientri in deposito per un secondo rifornimento. Con la massiccia diffusione di questi veicoli si pose l'ulteriore problema di trovare lo spazio per la conservazione delle scorte di legna e carbone. Tenuto conto che ogni autobus consumava non meno di 120 kg di legna al giorno (che occupava uno spazio ben maggiore del fusto che può contenere la benzina necessaria per produrre la stessa energia), l'azienda si trovò costretta a locare magazzini dislocati in vari punti della città, tutti a ridosso della rete tranviaria, laddove poteva essere installato un antistante binario di raddoppio.
Per il trasporto del carburante dai magazzini alle rimesse fu poi necessario predisporre un servizio quotidiano di treni composti da un locomotore e da vari carri merci, che venivano caricati sui binari di raddoppio per non ostacolare il servizio viaggiatori. Per logica conseguenza fu necessario assegnare le vetture a gassogeno a quei depositi dotati internamente di binari (officine centrali, deposito del Littorio per un breve periodo, Trionfale, Portonaccio, etc), tanto che ad un certo punto si pensò anche alla possibilità di riattivare l'esercizio dell'autorimessa Santa Croce, ex deposito tranviario che poteva in breve tempo essere nuovamente raccordato alla rete nell'omonima piazza.
Il primo Alfa 80-N convertito a gasogeno, 3101; il generatore in un Alfa 110-AG.
L'esercizio delle linee ordinarie coi veicoli a gasogeno si rivelò da subito fonte di numerosi problemi. Lo scarso rendimento del motore, che si traduceva in una velocità di marcia piuttosto bassa (meno di 20 km/h nei numerosi tratti in pendenza di una città collinare quale è Roma), l'insufficienza del carico massimo di 120 kg di combustibile all'intero esercizio giornaliero, ed ancora i numerosi guasti cui era soggetto il generatore comportarono numerosi (ed onerosi), cambiamenti nelle modalità di esercizio. Fu anzitutto necessario spezzare in due il servizio giornaliero delle vetture che dovevano prestare servizio per l'intera giornata: le tabelle di marcia che prevedevano l'avvicendamento di tre conducenti su turni interi o più di tre nel frequente caso dei turni di servizio frazionati su due vetture diverse, furono spezzate isolando il primo o l'ultimo dei turni (rispettivamente mattina, prima uscita e bussolotto, terzo turno). Avveniva così che al cambio ad avvicendarsi erano non solo autista e fattorino, ma anche la vettura, con l'autista smontante che doveva ricondurre in rimessa quella giunta al limite della scorta di combustibile.
Fu inoltre necessario rivedere i tempi di percorrenza delle linee esercitate con queste vetture, dal momento che all'estrema lentezza si aggiungeva il problema della sosta al capolinea. Basandosi l'intero processo sulla combustione della legna a mezzo di fiamme vive la mancata aspirazione del gas verso il motore rendeva ovviamente insufficiente quella dell'aria necessaria al loro mantenimento e alimentazione, col risultato che in tutti i casi di sosta, a prescindere dal motivo, il processo di combustione andava naturalmente sopendosi. Secondo le istruzioni aziendali il motore poteva essere semplicemente rimesso in moto - o si poteva comunque riprendere la marcia - se la sosta non durava più di quindici minuti (dovendosi per contro ripetere tutta la procedura di accensione per le soste superiori), ma all'atto pratico ci si rese conto che una pur minima diminuzione dell'intensità delle fiamme portava a una sensibile riduzione della densità del gas necessario all'azionamento del motore, quel tanto che bastava a non poter più vincere la maggiore resistenza dell'elevato rapporto di compressione. Il problema non poteva essere risolto azionando la ventilazione elettrica, per il mancato sfogo dell'enorme quantitativo di aria da questa aspirata, e furono quindi impartite varie disposizioni poi unificate nell'ordine di servizio n. 72 del 25 gennaio 1938, Istruzioni sulla condotta degli autobus a gassogeno, che fu addirittura distribuito in copia ad ogni singolo conducente, che attestò di averlo ricevuto mediante firma su un apposito elenco, e vale la pena di riportarlo testualmente.
Si è dovuto rilevare che non tutti gli autisti adibiti alla guida di autobus a gassogeno si attengono a quelle norme che sono indispensabili per il buon funzionamento del tipo di vetture in oggetto. Si tenga presente che quanto più vivo ed energico è il regime di giri del motore a gassogeno, tanto migliore ne è il funzionamento. Pertanto nella guida degli autobus a gassogeno si osservino le seguenti norme:
Si rammenta inoltre ai guidatori che ogni qualvolta una vettura provvista di carburatore ausiliario si fermi per deficienza del gassogeno, allo scopo di riprendere al più presto la corsa coi viaggiatori, si deve subito mettere in funzione il carburatore di emergenza colle modalità e norme prescritte in precedenti ordini di servizio.
Le soste al capolinea furono ridotte al minimo, con l'ulteriore prescrizione che obbligava l'autista a premere il pedale acceleratore con la marcia in folle ogni due minuti, in modo da mantenere vive le fiamme, ma le prescrizioni ora illustrate sull'uso della terza marcia crearono non pochi problemi nell'usura del motore, col che ben lungi dal risolvere i problemi ci si trovò ad affrontarne altri e ben più gravosi.
Dal marzo del 1937 gli autobus Lancia Omicron convertiti a gasogeno sono dotati di un carburatore supplementare applicato al condotto di aspirazione, destinato, come dall'o.s. n. 72 prima citato, ad essere alimentato da carburante tipo Roma per permettere la marcia del veicolo in caso di guasti al gasogeno.
La manovra di passaggio da gasogeno a carburante Roma non doveva essere delle più semplici, dato che costringeva l’autista ad aprire il cofano del motore ed a spostare il tirante di comando dalla valvola a farfalla posta sul collettore del gas a quella del carburatore supplementare, oltre a spiombare ed aprire un certo rubinetto; il sistema consentiva al veicolo la marcia per alcuni chilometri. Le vetture dotate di tale sistema erano contrassegnate con un segno distintivo costituito da un disco bianco con la scritta CR (ved. oltre), applicato sui due lati del cofano del motore. La trovata del carburatore ausiliario appare come un ripiego per i vari casi di mancato funzionamento del gasogeno, ripiego che si dovette però rivelare di scarsa utilità se al maggio 1941 tutti i carburatori supplementari risultano eliminati dalle vetture.
Con la massiccia introduzione dei veicoli a gassogeno, avvenuta nel periodo 1935-1937, l'impossibilità di poter assicurare l'intero servizio giornaliero con un carico unico di legna portò poi all'installazione di quel secondo carburatore richiamato nello stesso ordine di servizio, che avrebbe consentito alla vettura di percorrere alcuni chilometri pur con l'alimentatore ordinario fermo. Il comunicato aziendale lo giustifica con la necessità di ricondurre la vettura in rimessa in caso di guasti o di insufficiente alimentazione, ma appare fin troppo ovvio che questa piccola riserva è finalizzata anche (se non soprattutto), ad assicurare il rientro dell'autobus al termine della scorta di carburante. Il secondo carburatore viene applicato al condotto d'aspirazione, al di sopra del miscelatore. La scorta di carburante è sistemata in un apposita vasca nella cabina del conducente, dotata di un rubinetto piombato. L'entrata in funzione di un impianto esclude automaticamente l'altro, e per l'utilizzo del carburatore di riserva occorre anzitutto intervenire sul motore, sganciando l'asta di collegamento del pedale acceleratore al collettore di aspirazione del gas: utilizzando una apposita prolunga, il meccanismo dell'acceleratore deve essere agganciato alla speciale valvola a farfalla che regola l'aspirazione del gas dall'impianto di riserva. Si deve quindi intervenire sulla valvola del carburatore di emergenza, aprendola quel tanto che basta ad assicurare un leggero aumento del numero di giri minimo del motore, e quindi si spiomba il rubinetto della vasca che contiene la riserva di carburante. L'avvio del motore si ottiene con le medesime operazioni già descritte per l'avviamento in rimessa, ma a messa in moto avvenuta è necessario intervenire nuovamente sulla regolazione del minimo, manovrando l'apposita valvola e la sua vite di arresto.
Le vetture cosi modificate risultano essere al 19 maggio 1937 i Lancia Omicron dotati di generatore su licenza Imbert 679, 689, 691, 803, 823, 825, 843, 865, 875, 881, 887, 893, 1235. Dal successivo 15 ottobre, onde permetterne un immediata identificazione, al centro del cofano di queste vetture viene dipinto un cerchio bianco del diametro di 14 cm, recante in nero le lettere CR (carburatore di riserva), distribuite sui due lati del cofano stesso.
Autobus a gasogeno a l.go Chigi, via dell'Impero, porta del Popolo (28-VIII-1943).
Le squadre di pronto intervento per i guasti in linea si trovarono alle prese con un consistente numero di attrezzi aggiunti per il soccorso dei veicoli a gassogeno, attrezzi che naturalmente furono dati in dotazione anche ai depositi e che vale la pena di elencare:
Come si può ben immaginare l'impiego dell'alimentazione a gassogeno non portò mai alcun vantaggio all'esercizio della rete ed anzi complicò in ogni modo possibile la vita del personale tecnico e di guida, aumentando nel contempo le spese di esercizio delle linee esercitate con questi veicoli. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania, con le consistenti riduzioni del servizio tranviario per esigenze di risparmio dell'energia elettrica, fu drasticamente ridotto il servizio di trasporto del combustibile alle rimesse, e ai capolinea furono installate delle cabine dotate dell'attrezzatura necessaria per il secondo rifornimento della vettura, compito assegnato all'autista col premio di una lira per ogni rifornimento effettuato. Il combustibile necessario al secondo rifornimento è dato in consegna con la vettura e con la chiave necessaria per aprire la cabina dove viene conservato durante il servizio. La successiva carenza di pneumatici e di lubrificanti non risparmiò nemmeno i veicoli a gassogeno dalla sospensione quasi totale del servizio autobus attuata successivamente all'occupazione tedesca di Roma (settembre 1943): dopo la liberazione (4 giugno 1944), l'azienda indirizzò i propri sforzi unicamente verso le vetture alimentate a benzina o a gasolio, col risultato che l'ultimo autobus a gassogeno di Roma circolò in regolare servizio il 23 aprile 1944.
È da notare che nel parco ATAG abbiamo tre gruppi di autobus costruiti in fabbrica direttamente con alimentazione a gasogeno, i Fiat 656-RG 1701-1747 (motore 656-G), i Lancia Omicron 1801-1849 (motore 77) e gli Alfa Romeo 110-AG 3259-3307 (motore AG-6). Ai primi fu applicato un generatore di gas a carbone anziché a legna, ma l’invenzione, che dette subito ai veicoli il nome di autobus a carbonella, non ebbe successo forse anche per la difficoltà di trovare il carbone; gli altri furono invece dotati di usuale gasogeno a legna. In tutti i casi la trasformazione inversa, per l’alimentazione a gasolio, avvenuta per i primi tra il 1939 e il 1940 e per gli altri a guerra finita, avrebbe comportato per ogni rotabile all’incirca la stessa mole di lavoro che abbiamo visto per la trasformazione del motore F6-M317; appare quindi comprensibile che con la cessazione delle ostilità la conversione dei gassogeni si sia indirizzata alla completa sostituzione del motore e alla rimozione dell'alimentatore.
Riepilogo autobus con alimentazione a gasogeno
sistema | vetture | numeri di esercizio | anno | q.tà vett. |
Roma (già Imbert) |
Lancia Omicron | 1001 | 1934 | 1 |
613 | 1935 | 1 | ||
635/49/53/7/61/7/9/77-83/9/91 801/3/37/9/57/9/65/9/71/87/81/3/7/91-5 1037/41/5/9/83/1217 |
1936 | 35 | ||
659/65/71/85/9/93 809-13/23/5/31/3/43/9/55/63/75/85 1013/23/7/35/87/97/1201/5/11/33-7/45/9 |
1937 | 33 | ||
601/873/97/1099 629/47/55/1031 ex generatore Eva |
1938 | 8 | ||
603/21/7/815 ex generatore Dux | 1939 | 4 | ||
1801-49 dotate di gasogeno in fabbrica | 1935 | 25 | ||
Alfa Romeo 80N | 3101/3 ex alimentazione a gasogeno | 1937 | 2 | |
Alfa Romeo 110AG | 3259-307 dotate di gasogeno in fabbrica | 1941-42 | 25 | |
Dux | Lancia Omicron | 627/815 | 1936 | 2 |
621 | 1937 | 1 | ||
Eva | 647-55 | 1936 | 5 | |
629/1031 | 1937 | 2 | ||
Nostrum | 867 | 1937 | 1 | |
Fiat 656-AG | 1701-47 dotate di gasogeno in fabbrica | 1936 | 24 | |
Excelsior | Lancia Omicron | 1021 | 1938 | 1 |
totale vetture a gasogeno | 170 |
Nel luglio del 1934 il commissario per l'ATAG Lino de Stefani, trovandosi a Berlino per partecipare al Congresso internazionale delle ferrovie di interesse locale e delle tramvie, si interessò ad un autobus alimentato a gasogeno a legna, circolante al momento in via di esperimento sulla rete della città. L'autobus in oggetto, munito di gasogeno sistema Imbert, era stato posto in servizio sia su linee urbane con fermate a brevi distanze, sia su un percorso extraurbano tra Rostock e Warnemünde di circa 30 km. Ecco cosa riferisce il de Stefani.
Il risultato sintetico delle informazioni assunte da diverse fonti e in Svizzera conduce a stabilire una netta superiorità dell0'autogasogeno a legna su quello a carbone di legna:
L'apparecchio viene applicato facilmente (!) ai veicoli con motore a benzina mediante la modifica del grado di compressione del motore; l'operazione può durare da 15 a 20 giorni e porta a un aumento di circa 800 kg al peso del veicolo. La potenza del motore si riduce del 25% circa. Per contro il motore acquista una marcia elastica e tranquilla, il gas di scarico è assolutamente invisibile ed inodoro per la combustione quasi perfetta del gas che consente anche una più facile manutenzione. Il costo della trasformazione può valutarsi tra le 10 e 12 mila lire italiane per veicolo. Riguardo all'esercizio, si può calcolare un'economia, rispetto alla benzina, di circa il 75% e dal 10 al 20% rispetto alla nafta.
Su questi dati di esercizio, specialmente sull'economia del 75% rispetto alla benzina, c'è parecchio da dubitare.
Il brevetto Imbert (alsaziano) è stato riservato alla Francia per uno stabilimento diretto dallo stesso inventore e si dice che l'Imbert abbia predisposto i piani di costruzione del suo gasogeno presso vari stabilimenti in modo da poter fornire all'occorrenza, alle autorità militari, entro poche settimane, fino a 40.000 gasogeni. Lo stesso brevetto per tutti gli altri paesi, eccettuata la Francia e colonie, è stato ceduto ad una società Imbert-Gas di Aarau (Svizzera), la quale finora fa costruire gli apparecchi in Germania, ma che ha in corso di impianto un'officina di costruzione a Neuchâtel e tre officine di trasformazione di veicoli esistenti a benzina rispettivamente a Zurigo, Neuchâtel e Ginevra. Finora le applicazioni dell'autogasogeno in Svizzera si limitano a poco più di 50 trasformazioni; in Germania invece superano il migliaio, pressochè tutte per trasporti merci ed in alcune città come Köln, Essen, Duisburg e Halle, per trasporti immondizie.
In realtà, l'alimentazione a gasogeno non trovò mai pratica applicazione in Svizzera e in Francia, mentre in altre nazioni, come la Germania, dopo qualche sterile tentativo, fu utilizzata solo su rotabili per servizi ausiliari, come quelli del citato trasporto delle immondizie.
Ho preso accordi con la Imbert-Gas di Aarau per la pronta applicazione in via di esperimento di un suo apparecchio ad un nostro autobus Lancia Omicron, da eseguirsi nelle officine di Roma dell'ATAG e si confida di poterne disporre entro un mese circa. Se i risultati saranno favorevoli, come sembra di poter sperare, il governatorato di Roma avrà così portato un contributo non indifferente alla questione della nazionalizzazione del carburante.
L'esperimento sarà stato certamente quello sulla vettura B.1001, sopra accennato. In ogni caso, le conclusioni del de Stefani sembrano eccessivamente ottimistiche, ma può essere che furono tali solo per far piacere al Duce, al quale fu forse dovuto l'italianissimo nome Roma dato al gasogeno Imbert.
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