tram e trasporto pubblico a Roma
La rete tramviaria urbana
L'incidente della SRTO 310
L'apparato frenante dei due primi gruppi di motrici SRTO
La sera del 16 luglio 1912, alle 23 circa, la motrice SRTO 310 in servizio sulla linea 12, in via Giovanni Lanza, dopo la fermata alla torre dei Capocci, acquista nella discesa di via Cavour verso piazza delle Carrette una velocità eccessiva, sviando nella curva di via della Salara Vecchia e cadendo nel sottostante Foro romano; il bilancio dell'incidente non è grave, 18 feriti, ma desta ovviamente molta impressione, nonostante i tram della SRTO non siano nuovi a simili incidenti, anche se di minore gravità. Si parlerà subito di un guasto ai freni, anzi si dirà che la 310 era già difettosa proprio ai freni, aggiungendo poi una notevole quantità di sciocchezze come sempre avviene in questi casi.
Sarà anche stato possibile un guasto ai freni, ma la realtà è che i primi due gruppi di motrici SRTO, le motrici a terrazzini gr. 200 e le torpediniere gr. 300, che costituiscono al momento la maggior parte del parco, sono assolutamente deficitarie per quanto riguarda l'apparato frenante, che risulta composto da:
Il freno di servizio, soprattutto a causa dell'unico ceppo per ruota da azionarsi a forza di braccia del conducente, è utilizzabile solo per la ridottissima velocità alla quale marciano le vetture, con spazi di frenatura esagerati.
Il freno a pattini, se azionato, porta spesso al risultato opposto a quello per cui è installato: applicato su una vettura con le ruote al limite dell'aderenza, scaricando il peso dalle stesse, dà immediato inizio allo slittamento e la vettura si trova allora sostenuta in buona parte dai soli pattini e con le ruote ferme il freno reostatico non funziona; il conducente non ha più alcun controllo sulla motrice, che svia alla prima curva o al primo scambio. A tutto ciò si deve aggiungere che il binario, in questa felice epoca, è perennemente coperto da una patina viscida, dovuta agli escrementi degli innumerevoli cavalli che transitano nelle strade.
Questa, in sintesi, la situazione che darà luogo all'incidente del 1912 e ad altri innumerevoli simili, anche se il conducente avrà la sua parte di colpa. Se infatti, come prescritto, avesse predisposto il freno reostatico prima di riavviare la vettura in discesa, nella fattispecie alla ripartita dalla torre dei Capocci, avrebbe potuto subito moderarne l'andatura con due o tre tacche di controller e un moderato uso del freno a mano, senza arrivare allo slittamento delle ruote.
Circa il freno reostatico, dovremmo dire che questo, oltre che inutile al momento dello slittamento delle ruote, è praticamente inesistente: il controller K10 installato sulla gran parte delle motrici SRTO, non è infatti previsto per la frenatura reostatica, che è stata aggiunta con un artifizio richiedente al conducente le seguenti manovre per la sua inserzione: lo spostamento di un certo commutatore dalla posizione A (marcia) alla posizione F (freno); lo spostamento dell'invertitore di marcia in posizione di marcia indietro se la vettura è in moto in marcia avanti o viceversa; lo spostamento della manovella del controller per qualche tacca in serie, evitando se possibile di arrivare alla quinta (reostato escluso), con proibizione assoluta di passare in parallelo.
E' evidente il funzionamento del sistema: l'interruttore stacca il circuito di trazione dal trolley mettendolo a massa, ossia cortocircuitandolo; l'invertitore inverte il collegamento dei campi per permettere l'autoeccitazione dei motori, il controller completa il circuito di frenatura reostatica su parte del reostato di avviamento.
In realtà, a parte la complessa manovra non certo adatta ad un freno di emergenza, il freno reostatico frena sì e no perchè con i due motori in serie, come è facile dimostrare, la resistenza totale del circuito non può scendere al di sotto di un certo limite e quindi l'efficacia del freno resta limitata, mentre i due motori funzionanti da generatori sommano le tensioni prodotte, dando luogo facilmente ad archi nel controller e sui cavi. Se poi il conducente, preso dal panico, passa in parallelo, succede il finimondo: il circuito si configura come due generatori ad eccitazione in serie collegati in parallelo tra loro, situazione notoriamente instabile perchè quello dei due motori che inevitabilmente genera la tensione maggiore alimenta l'altro facendolo funzionare da motore e nello stesso tempo creando nell'anello, a bassa resistenza, una corrente tale da dar luogo come minimo alla distruzione dei collettori.
In seguito la SRTO eliminerà l'inutile e dannoso freno a pattini meccanici sostituendolo con un secondo freno a mano agente su altri quattro ceppi (e richiedente conducenti a tre mani) oppure, su una decina di motrici a terrazzini, con un freno a pattini elettromagnetici che non si capisce perchè non sarà stato esteso a tutte le vetture.
E' infine interessante notare come, nonostante i difetti di cui sopra, le motrici a terrzazzini e le torpediniere passeranno quasi tutte all'azienda municipale, scomparendo le prime dopo il 1925 e restando in servizio le seconde fino alla riforma del 1930.
Da o.s. 77 del 12 maggio 1910.
Da molti conducenti sono trascurate le disposizioni che regolano l’uso del freno elettrico nelle discese sui diversi tratti della rete. Si ritiene perciò opportuno di riportarle qui sotto, invitando tutti ad osservarle scrupolosamente e agli ispettori di farle osservare.
Il freno elettrico dovrà essere tenuto pronto per il funzionamento, eseguendo le manovre stabilite (a seconda dei diversi tipi di vetture) nelle seguenti discese:
Da o.s. 49 del 20 novembre 1921.
Viene constatato giornalmente che i guidatori trascurano di preparare il freno elettrico coi regolatori K10 modificati prima di iniziare le discese più accentuate, come è da tempo tassativamente prescritto. Si richiama perciò l’attenzione dei guidatori, affinchè eseguiscano tale manovra, specialmente nelle vie Quattro Fontane, Serpenti, Nicola Salvi e nella rampa dell’emiciclo di p. del Popolo.
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rev. A1 27/04/21