tram e trasporto pubblico a Roma
La rete tramviaria dei Castelli romani
L'incidente di Frascati del 15 luglio 1906
Dalla relazione tecnica dell'ing. Vallecchi
Una ipotesi
Raddoppio di testa?
da Ingegneria Ferroviaria, 1909, vol. VI, n. 1
Al disastro tramviario del 15 luglio 1906 a Frascati seguì un lungo processo contro la STFER ed alcuni agenti della stessa; la società invocava la causa di forza maggiore nel sovraccarico della vettura, mentre l'accusa sosteneva la colpa del personale che non ne avrebbe azionato tempestivamente i freni, anche se come attenuante si era riconosciuta la grave difficoltà degli stessi agenti spinti e pressati dalla folla. La STFER presentò a difesa una memoria dell'ing. Guido Vallecchi1, che sosteneva la causa del disastro doversi invece ricercare nell'eccessivo sovraccarico al quale era stata sottoposta le vettura; furono anche nuovamente sentiti i due primi periti di accusa, gli ingg. Ruggeri e Fucci, oltre al prof. Saviotti, insegnante di macchine nella Scuola di applicazione degli ingegneri di Roma e il cap. ing. De Santairon de St. Clément. Dopo varie esperienze ed ulteriore studio la tesi del Vallecchi fu accettata e la STFER prosciolta da ogni imputazione.
Dalla relazione Vallecchi.
Il quesito fondamentale da risolversi nel caso dello scontro di Frascati è il seguente: data una vettura tramviaria nelle condizioni in cui è avvenuto il disastro e dato un carico accidentale molto superiore al massimo normale, è ammissibile che la vettura stessa, per quanto frenata regolarmente, possa spontaneamente spostarsi? Esaminerò il quesito propostomi sotto un triplice aspetto, supponendo cioè che l'eccezionale sovraccarico del giorno 15 luglio 1906 abbia gravitato sulla vettura rimorchiata n. 15: 1) dopo che fu eseguita la frenatura col freno meccanico, 2) prima che la stessa frenatura fosse iniziata, 3) durante il tempo che si veniva compiendo.
Condizioni della linea e delle vetture.
(...) Il tratto di linea [percorso dalla vettura a partire dal piazzale di Frascati fino al punto di impatto] ha una lunghezza di m 600 ed in esso si riscontrano cinque curve di stretto raggio il quale è per una di esse di 44 metri soltanto. La pendenza del binario nel piazzale di Frascati, donde appunto si partì la vettura rimorchiata in questione, è del 29,67 per mille.
La vettura rimorchiata n. 15, investitrice, appartiene al tipo detto ad imperiale, a due piani cioè, uno inferiore ed uno superiore, messi fra loro in comunicazione per mezzo di due scalette a chiocciola impostate sulle piattaforme; la cassa della vettura è sostenuta da due carrelli girevoli a due assi ciascuno. Salvo l'equipaggiamento elettrico e la distribuzione della condotta del freno ad aria, la vettura in questione non differisce, per la parte meccanica, dalla vettura automotrice dello stesso tipo. Circa il freno ad aria del tipo Böker, accennerò soltanto com'esso sia continuo, possa cioè frenare contemporaneamente la vettura automotrice (su cui è insediato il motore compressore dell'aria) ed una vettura rimorchiata, riportandosi per tutti gli altri particolari alla perizia fiscale ove il detto freno trovasi diffusamente descritto.
Mi preme invece mettere in evidenza alcune particolarità costruttive dei carrelli già accennati, insistendo in modo speciale sopra il sistema di molleggio interposto fra la parte rigida di detti carrelli e la cassa della vettura, molleggio che, come chiaramente verrà illustrato in seguito, ha particolare influenza sul funzionamento del freno a ceppi. Questo freno a ceppi è del tipo ordinario, molto diffuso sulle tramvie urbane.
Come osservasi nella fig. 7 [fig. sottostante, a sinistra] ciascuno dei due carrelli è costituito essenzialmente da due assi montati AA ruotanti entro le boccole e da due longheroni LL, della lunghezza di m 3 ciascuno, opportunamente riuniti fra loro da traverse fisse che completano il telaio del carrello; al centro di ciascuno dei carrelli trovasi una traversa mobile T, la quale porta nella sua mezzeria un perno. La cassa della vettura è appoggiata appunto sopra due di tali perni che permettono ai carrelli di spostarsi convenientemente allorquando la vettura percorre le curve.
Carrello Böker HB233.
L, longheroni del carrello; G, barra di distanza; A, sale
montate;T, traversa oscillante;
B, balestra di sospensione primaria; E, molle di graduazione; F, sospensione
secondaria a bovolo.
Ciascuna adunque delle traverse mobili T sopporta metà del peso della cassa della vettura, peso che viene poi ripartito su due grandi molle a balestra BB formate di sette foglie di acciaio riunite al centro da uno staffone. Ciascuno degli estremi di dette molle porta una staffa C, la quale a sua volta è solidale con un piatto forato in centro che appoggia sopra una robusta molla a spirale E costituita da sei spire; uno stelo fissato superiormente al longherone, passando per il foro del piatto e dentro le spire, va a sostenere in basso la molla suddetta. Il sistema di molle in serie è completato da una molla a bovolo F di cinque spire insediata fra il piano superiore esterno di ciascuna boccola ed uno spazio cilindrico corrispondente ricavato nel longherone. Le piastre di guardia sono fuse con il longherone, il quale in basso porta un tirante G che è bollonato alle estremità delle piastre stesse. Agli estremi del longherone trovansi quattro piccole sedie sostenenti con attacco a cerniera cilindrica altrettanti anelli cui sono raccomandati i porta-ceppi del freno meccanico.
Questo freno a ceppi non presenta alcuna particolarità degna di speciale menzione; rammenterò soltanto che ciascuno dei carrelli ha uno di tali freni, la cui manovra viene eseguita per mezzo di un volantino situato nella soprastante piattaforma. L'asta verticale di manovra porta una vite non reversibile a filetto rettangolare che serve, per mezzo di un opportuno sistema di leve, ad avvicinare i quattro ceppi alle ruote su cui appoggia il carrello.
(...) Nella tavola suaccennata appare chiaramente come i ceppi del freno siano due a due riuniti sopra una traversa mobile, agli estremi della quale sono fissati appositi porta ceppi. Una sedia infissa sopra uno dei lati minori del telaio del carrello ed un'asta a doppia cerniera costituiscono il sostegno mediano di ciascuna delle accennate traverse porta ceppi. L'asta a doppia cerniera e questi anelli vengono a costituire un parallelogramma articolato avente i vertici nelle cerniere 1, 2, 3, 4 [particolare nella fig. seguente] il quale, deformandosi per effetto della trazione dei tiranti, accosta il ceppo alla ruota e deformandosi invece sotto l'azione della molla M di ritegno discosta il ceppo dal cerchione della ruota medesima.
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A vettura scarica, gravitando sul sistema di molle metà del peso proprio della cassa della vettura, si stabilisce una posizione di equilibrio sulle varie molle interposte fra la cassa stessa e la parte rigida dei carrelli, di guisa che i ceppi dei freni prendono, rispetto al piano che passa per gli assi geometrici degli assi montati, la posizione che vedesi disegnata a tratto pieno nella tav. I, posizione nella quale l'estremo superiore del ceppo sorpassa di poco il detto piano.
Supponiamo ora che un sovraccarico venga a gravitare sulla vettura; metà di esso dalla traversa mobile T è ripartito sulle molle a balestra, le quali si inflettono; a parte i lavori di deformazione delle molle, queste, per mezzo delle staffe di estremità, trasmettono la compressione a mezzo delle molle a spirale EE, le quali a loro volta per mezzo dello stelo, esercitano uno sforzo tendente a portare in basso i longheroni del carrello. Questo sforzo riportato sulle molle a bovolo FF inserite sulle boccole e che costituiscono i pinti di appoggio del telaio del carrello sopra gli assi montati, fa parzialmente chiudere dette molle e provoca l'abbassamento di tutto il telaio.
In ultima analisi uno sforo di compressione esercitato sulle molle a balestra produce un abbassamento dell'intiero telaio del carrello e siccome i ceppi dei freni sono attaccati nel modo che è stato descritto al telaio del carrello, devesi concludere che un sovraccarico gravitante sulla vettura produce un abbassamento dei ceppi del freno meccanico.
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Dimostrata in fatto questa relazione fra il sovraccarico della vettura e l'abbassamento dei ceppi del freno, prima di trasferirla in quantità, mi giova di fare considerare l'effetto di un abbassamento dei ceppi, per quanto lieve, sulla azione di frenatura.
Si riprenda in esame la tav. I fissando la posizione relativa del freno di fronte alla ruota relativa; si supponga poi che, per effetto di un sovraccarico della vettura, il ceppo si sia abbassato di una piccola quantità, per esempio di undici millimetri. Per pura comodità di disegno, in luogo di abbassare il freno, alziamo della stessa quantità la ruota.
(...). Nella tav. I il cerchio segnato a tratto e punto (il cui centro è spostato di undici millimetri in alto sul centro della ruota) rappresenta la seconda posizione della ruota stessa. Osservisi come, stando ruota e freno in questa posizione, il ceppo del freno ha soltanto un breve contatto superiore con la periferia della ruota da cui se ne distanzia rapidamente fino ad avere l'estremo inferiore distante di una quantità veramente apprezzabile dalla periferia medesima. In tali condizioni di ridotta aderenza fra ceppo e ruota chiunque, anche profano, è in grado di convincersi che l'azione di frenatura del freno meccanico debba essere notevolmente ridotta.
Si aggiunge che in tali condizioni è vano ogni tentativo di ripristinare l'azione frenante agendo sul volantino del freno mano, vista la disposizione del supporto per i ceppi, che ammette solo uno spostamento di traslazione [ved. tav. I].
* * *
Il Vallecchi seguita con alcune considerazioni di carattere qualitative che meglio valgono ad illustrare il fenomeno.
(...) Secondo le prescrizioni regolamentari la vettura in questione ha il seguente carico normale che risulta altresì dalle indicazioni delle targhette esposte nei vari compartimenti.
Posti a sedere di I. classe 12, di II. classe 16, di III. classe (imperiale) 34; posti in piedi complessivi 34; totale 96 persone [sul documento si legge 69, ma deve trattarsi di un errore di stampa].
Per rendersi conto del carico eccezionale del giorno 15 luglio, valutiamo la superficie dei corridoi longitudinali, trasversali e delle piattaforme superiori ed inferiori, aree sulle quali specialmente si accalcò la folla dei passeggeri.
Piano dell'imperiale mq 6,08; piattaforme superiori (detratte le scalette) mq 2,54; pianterreno, corridoio di I. classe mq 2,14; id. corridoio di II. classe mq 2,23; id. corridoio trasversale mq 2,29; piattaforme inferiori mq 2,54; totale mq 17,82.
Su tali aree della superficie di circa 18 mq si poterono accalcare presumibilmente 18x8=144 persone; sulle scalette di comunicazione tra i due piani non è eccessivo supporre trovasse posto una persona in piedi per ogni gradino, il che equivale a conteggiare altre 20 persone; i posti a sedere nella vettura abbiamo visto essere a carico normale in numero di 62 e, data l'ampiezza dei sedili (dell'imperiale specialmente) non è esagerato, a mio parere, il maggiorare tale numero di un terzo, ciò che equivale a portare da 12 a 16 i posti di I. classe, da \6 a 21 i posti di II. classe, da 34 a 46 i posti di III. classe ed in totale a 83 il numero delle persone a sedere; su ciascuna delle due scalette che servono da predellini alle vetture si può supporre abbiano trovato posto circa 6 persone e cioè in tutto 12 persone. Totale persone 259.
Secondo il Vallecchi, sul rimorchio ad imperiale avrebbero potuto trovare posto 259 passeggeri contro i 96 consentiti; una stima forse un po' tendenziosa che potrebbe però anche essere aumentata se
(...) varie persone, non trovando più alcun spazio nell'interno della vettura, si sedettero sui davanzali dei finestrini, sulla ringhiera che circonda l'imperiale, sporgendo in fuori il corpo, si arrampicarono sugli organi di attacco rimanendo in piedi sul tampone, compiendo atti di irragionevole acrobatismo, quali cioè soltanto sa suscitare l'alcool copiosamente ingerito...
In conclusione, il carico eccezionale che gravitò sulla rimorchiata avrebbe potuto oscillare tra i 260 e i 300 passeggeri.
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Per convalidare le ipotesi di cui sopra, il Vallecchi procede ad una prova nel deposito di via Appia Nuova su una rimorchiata dello stesso tipo di quella coinvolta nell'incidente di Frascati.
(...) La vettura rimorchiata fu condotta sopra un binario in piano, un filo a piombo calato da un fianco sopra un tratto di rotaia imbiancato permetteva di avvertirne anche i minimi spostamenti, al gancio di trazione fu attaccato un paranco cui facevano seguito due dinamometri posti in quantità ed attaccati poi per l'altro loro estremo ad un punto fisso del binario.
Regolarmente frenata la vettura con il freno a mano, per potere avvertire ed apprezzare gli abbassamenti dei ceppi, fu tracciata con l'ugnolo una riga orizzontale su ciascun ceppo e sulla ruota corrispondente, di poi la vettura stessa fu sovraccaricata con 712 pacchi di piastre da kg 13,500 ciascuno e 160 pacchi di compresse da 55 kg ciascuno formanti in totale un peso di kg 18.500, carico corrispondente all'incirca al limite inferiore del carico eccezionale di 260 persone più innanzi stato stabilito.
Questa prima parte dell'esperienza permise di fare importanti constatazioni:
1° gli otto ceppi della vettura si erano tutti abbassati di quantità differenti, ma tutte sensibili, perchè comprese fra un limite inferiore di 6 mm ed un limite
superiore di 11 mm;
2°
alcuni di tali ceppi presentavano alla base inferiore un distacco di circa un paio di millimetri dal cerchione della ruota relativa.
Tali osservazioni sarebbero da sole state sufficienti a farmi convinto che nonostante il freno meccanico fosse stato e fosse tuttora regolarmente stretto, la frenatura doveva avere acquisito un valore ben lontano dal valore normale. E la seconda parte dell'esperienza confortò pienamente tale mia convinzione: messo in tensione il paranco, calcolata la forza dei dinamometri, gli operai cominciarono ad agire. Dopo poche strette le ruote della vettura compirono una breve rotazione e la vettura stessa si spostò di circa 5 mm. Fatta la somma delle letture dei due dinamometri e detratte le tare risultò lo sforzo di trazione esercitato di kg 700. Per assicurarmi del completo movimento della vettura, dopo tale primo spostamento feci aumentare fino a kg 1100 lo sforzo di trazione e verificai spostamenti sensibilissimi della vettura stessa, tutti ottenuti con un perfetto rotolamento delle ruote.
Confrontiamo l'esperienza con il caso reale. La rimorchiata ha un peso proprio di 14 t; il sovraccarico costituito da 260 persone è di circa 18,5 t; il peso adunque della vettura carica è P=32,5 t. Se Rg è la componente di P in senso parallelo al binario in pendenza i=30 per mille, è (...) Rg=Pi=32,5x0,03=975 kg (...). Data la vettura completamente frenata sul binario in pendenza del 30 per mille, per effetto del sovraccarico di 260 persone, essa fu sollecitata a spostarsi verso la discesa da una forza superiore di circa il 40% di quella strettamente necessaria all'inizio del moto.
Ad abundantiam volli spingere l'esperienza oltre i confini della pratica di esercizio; volli supporre cioè che non uno soltanto, ma tutti e due i freni a volantino fossero stretti. In tali ipotesi, ferme restando le condizioni generali dell'esperienza, lo spostamento della vettura fu ottenuto con uno sforzo ai dinamometri di kg 1100 (...).
Si ripetono le esperienza con un sovraccarico di 300 persone, concludendo:
Rare volte accade che da tanto semplice esperienza si possano trarre risultati così convincenti e che valgono, a mio parere, a dare del fatto quella spiegazione che più si accosta alla verità, se non è la verità stessa!
* * *
L'ing. Vallecchi afferma pertanto che
(...) la frenatura delle vetture col freno a mano fu dal personale della Società fatta in modo del tutto regolare; l'enorme sovraccarico di 260 a 300 persone che in barba alla forza pubblica, ad onta delle recise, per quanto vane, proteste del personale di servizio che fu malmenato e sopraffatto, andò a gravitare sulla vettura, produsse una eccessiva inflessione sul molleggio, un abbassamento dei ceppi del freno ed una diminuzione della frenatura. Questa diminuzione cospirò, insieme all'aumento della componente del peso, allo spostamento della vettura.
Oltre a ciò
(...) resta dimostrato dalle considerazioni fatte intorno alle particolarità costruttive del porta ceppi del freno meccanico, che una volta abbassatosi il telaio dei carrelli, sotto il sovraccarico, vana cosa sarebbe stato lo sperare di riavvicinare completamente i ceppi ai cerchioni per ristabilirne l'aderenza ad onta di sforzi anche rilevanti che fossero sati impressi ai volantini.
Visto che la parte meccanica di questi rotabili è identica per motrici e rimorchi, c'è da supporre che l'inconveniente verificatosi per una rimorchiata si sarebbe potuto produrre anche su una motrice, anzi su questa più facilmente considerato il carico dei motori presenti sui carrelli; si potrebbe allora supporre che i numerosi incidenti per i quali i conducenti segnalavano l'improvvisa mancanza del freno su rotabili, in particolare su motrici a imperiale, che alla successiva prova risultavano invece del tutto regolari, fossero proprio dovuti a sovraccarico delle vetture.
Raddoppio di testa o triangolo mistilineo?
Da Ingegneria ferroviaria, 1906, vol. III, n. 24. Già nel 1906, all'indomani dell'incidente di Frascati, il Vallecchi interveniva sulla disposizione dei capolinea tramviari, consigliando di evitare i raddoppi per l'inversione della motrice rispetto ai rimorchi, ma di utilizzare allo scopo i triangoli di binari, detti mistilinei. In realtà, ai fini dell'esercizio, le due disposizioni non si equivalgono: il raddoppio permette di spostare il mezzo di trazione da un estremo all'altro del treno, mentre il triangolo si utilizza per invertire la marcia dell'intero convoglio, anche se il fine ultimo delle due operazioni è in molti casi lo stesso.
Capolinea con raddoppio (in tratteggio) e con triangolo mistilineo (a tratto pieno).
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1. Vice presidente nel 1934 della Federazione nazionale fascista esercenti di trasporti automobilistici.
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rev. A 10/07/20