tram e trasporto pubblico a Roma

Rotabili dei tram dei Castelli

L'equipaggiamento elettrico delle motrici a imperiale

 

Circuito di trazione.
Circuito di comando.
Illuminazione.
Disposizione apparecchiatura sui rotabili.
Una modifica sperimentale del circuito delle imperiali?

Le dodici motrici ad imperiale della STFER per le linee dei Castelli del 1906 costituiscono una delle prime applicazioni del comando indiretto e dell'accoppiamento in multiplo in Italia, in campo tramviario. I relativi circuiti seguono la tecnica Thomson-Houston dell'inizio del secolo, già sperimentata ed applicata in campo metropolitano e ferroviario leggero con le realizzazioni in Francia e in Inghilterra: comando serie-parallelo non automatico a contattori elettromagnetici indipendenti, invertitore anch'esso ad azionamento elettromagnetico, controller a numerose posizioni, alimentazione del circuito di comando a tensione di linea. Nel caso in esame il circuito di comando appare abbastanza semplice, forse anche un po' primitivo, con solo nove contattori in luogo degli 11-13 tipici in analoghe applicazioni e forse a questa caratteristica sono dovuti i numerosi inconvenienti che si ebbero nell'esercizio di queste motrici e che ne decretarono infine la sostituzione del comando indiretto con un usuale comando diretto; per alcuni aspetti il circuito delle imperiali appare come un adattamento con semplificazione del circuito utilizzato alla stessa epoca sui treni metropolitani della London Central Ry.

Quanto segue è dedotto dall'articolo di U.R. Andrei citato in calce dal quale sono anche riprese alcune notizie sulla rete dei Castelli date in altri paragrafi; l'articolo in questione contiene uno schema dei circuiti di trazione e comando delle motrici a imperiale, senza peraltro fornire alcun chiarimento sullo stesso. Come nella maggior parte dei casi, questo schema non solo contiene numerosi evidenti errori, ma segue lo stile dell'epoca, pretendendo di essere elettrico e topografico insieme, col risultato di apparire difficilmente interpretabile in molti dettagli; gli schemi nel seguito riportati sono stati dedotti anche per confronto con altre realizzazioni della stessa epoca.

Circuito di trazione.

I rotabili dispongono di quattro motori TH2 da 60 CV a 600V, stabilmente accoppiati due a due in parallelo; ogni motore di un carrello è accoppiato al corrispondente dell'altro e dal punto di vista del comando una coppia di motori 1, 3 e 2, 4 può essere considerata un motore unico; ogni motore dispone del proprio invertitore di marcia ed i quattro invertitori sono riuniti in un unico complessivo a comando elettromagnetico (REV nello schema del circuito di comando; ved. oltre).


Circuito di trazione; non è indicato il commutatore di esclusione dei motori.

Il reostato di avviamento è costituito da quattro resistenze R1-4 e sei contattori 1-6, il tutto così utilizzato:

Il combinatore dei motori è costituito nel modo usuale dai contattori 7 per la combinazione serie e 8, 9 per quella parallelo.

Circuito di comando.

Con gli interruttori generale e di comando chiusi, nella pos. 1 del controller il circuito di comando è alimentato attraverso le bobine dell'invertitore REV, che non ha una posizione neutra, ma solo le posizioni marcia avanti e marcia indietro; è azionato dalle due bobine V1 e V2, alimentate dal commutatore (invertitore) INV posto sul controller e resta nella posizione sulla quale è stato comandato anche dopo la cessazione dell'azione della relativa bobina, fintanto che non arrivi un ulteriore comando di inversione di marcia.

Nella posizione indicata sullo schema, l'invertitore è stato posto a marcia indietro da INV; qualora il conducente, senza voler invertire la marcia, porti il controller di manovra nella pos. 1, si chiude un circuito verso i contattori 4 e 3 (filo CT, ved. oltre), in serie alla bobina V1 che, essendo INV già predisposto a marcia indietro, non esercita alcuna ulteriore azione. Se invece il conducente vuol passare a marcia avanti, aziona dapprima INV ed in tal caso il circuito si chiude attraverso REV bobina V2, contatto ausiliario sul contattore 4 (filo ST anzichè CT), terra. La bobina V2 eccita spostando l'invertitore REV in posizione di marcia avanti; il circuito attraverso il contatto ausiliario 4 è abbandonato ed è stabilito quello verso i contattori 4 e 3. In questo modo, tutti i successivi avviamenti a marcia avanti lasceranno immutato il circuito e solo passando a marcia indietro, al primo avviamento, si realizzerà il circuito con azionamento dell'invertitore.

In un treno con due o più motrici in comando multiplo, quanto sopra vale per la motrice titolare, ma il funzionamento sulle motrici accoppiate è lo stesso, con la differenza che la tensione sulla bobina V1 o V2 dell'invertitore, anzichè essere inviata dal controller, perviene dai fili del cavo di multiplo che mettono in parallelo le bobine dell'invertitore nelle varie motrici. Ciò vale anche per i circuiti indicati di seguito: il controller invia corrente alle bobine dei contattori della motrice titolare, mentre i corrispondenti delle accoppiate sono collegati ai primi dai fili del cavo di multiplo.


Circuito di comando.

Col controller in pos. 1, indipendentemente dall'essere in marcia avanti o indietro, eccitano i contattori 4 e 3, in serie al contatto di riposo 3 e i banchi 8 e 10 del controller verso terra; il contatto 3, aprendosi, toglie il corto circuito al contattore 7 che eccita in serie al contatto di riposo 9; il 7 collega i motori in serie e il rotabile si avvia. Il circuito di 4, 3 e 7 resta immutato nelle successive tre posizioni del controller, nelle quali eccitano successivamente 2, 1 escludendo le relative resistenze e 5, escludendo completamente il reostato. La transizione serie-parallelo è ottenuta col passaggio da 4 in 5 del controller; interrompendosi l'alimentazione dall'invertitore cadono tutti i contattori impegnati, con conseguente apertura del circuito di trazione.

La transizione con apertura del circuito di trazione fu adoperata agli albori della trazione tramviaria, ma fu ben presto abbandonata in favore di altri sistemi (transizione per corto circuito di un motore, a ponte, ecc.) a causa dell'usura dei contatti del controller per scintillio, delle sollecitazioni che provocava nelle trasmissioni e per le scosse inflitte ai passeggeri. Negli equipaggiamenti della London Central troviamo dei contatti addizionali inseriti tra la fine serie e il parallelo che darebbero una certa gradualità nell'apertura del circuito in transizione, contatti che sembrano del tutto mancare nel circuito in esame.

In pos. 5 del controller si ha ancora la chiusura del circuito proveniente dall'invertitore e dai contattori 4 e 3, ma al posto del 7 eccitano i contattori 8 e 9 che collegano le coppie di motori in parallelo, oltre al 6 che riduce la resistenza del reostato; nelle posizioni seguenti del controller, da 6 ad 8, segue la stessa successione vista per le posizioni di serie da 2 a 4 con l'eccitazione successiva di 2, 1, 5 e in pos. 8 il reostato è completamente escluso.

Il cavo di multiplo contiene un filo (T sullo schema) che sembrerebbe collegare tra loro i circuiti di trazione delle motrici titolare e accoppiata, collegamento non solo inutile visto che la motrice accoppiata marcia col trolley in presa, ma anche pericoloso costituendo un ponte tra le due prese di corrente del treno; è probabile che il filo T si arresti sulla rimorchiata per alimentarne una parte del circuito luce, mentre la parte restante delo stesso sarebbe alimentata dall'analogo filo dell'altra motrice evitando quindi la formazione del ponte. Si tratterebbe in ogni caso di un sistema previsto in una fase iniziale, sostituito poi dall'alimentazione del circuito luce della rimorchiata a mezzo dell'usuale presa unipolare chiaramente visibile nelle immagini delle vetture.

Illuminazione.

Fanali e illuminazione interna. F, fanale (inferiore); P. proiettore (superiore); C, segnalazione di coda; J, interruttori e fusibili circuiti luce; Z, presa per luce rimorchiata. Sullo schema ricavato da [1] sono indicate due serie di cinque lampade l'una, invece delle tre che si notano sia nella disposizione ricavata da [2] che dalle vedute degli interni.

Disposizione apparecchiatura sui rotabili.

Sulle piattaforme. C, controller; A (piattaforma lato motore 1): interruttore generale, fusibile circ. trazione, interruttore circ. comando, commutatore compressore (manuale o automatico), scatola derivazione; B (piattaforma lato motore 4): interruttore circ. comando, interruttore compressore, commutatore compressore (manuale o automatico), inseritore compressore (interruttore manometrico), sezionatore per isolamento circ. comando (per isolare il circuito di comando di una motrice guasta permettendo il regolare funzionamento delle altre), scatola derivazione.
Nel sottocassa. M1-4, motori; R, reostato; K, contattori; E, esclusore motori; REV, invertitore; MC, compressore; S, serbatoi aria.
Sui frontali (sotto il fanale): cm, accoppiatore maschio ad otto poli per il cavo di comando multiplo.

Fonti.
[1] U.R. Andrei, La tramvia elettrica dei Castelli romani, su L'elettricista, marzo 1906.
[2] Elektrische Bahnen und Betriebe, dicembre 1906.

Un inconveniente e una modifica sperimentale del circuito delle imperiali?

Nel marzo del 1931 l’ing. Edoardo Piazza, in una comunicazione presso la sede di Roma dell’Associazione Elettrotecnica Italiana, segnalò che il circuito di comando originale delle imperiali presentava il difetto particolarmente indisponente di lasciare talvolta la motrice accoppiata permanentemente in trazione senza alcuna possibilità di disinserirla, se non staccando il trolley dal filo; nel 1913 l’ing. Vincenzo Spagnuolo, che sarebbe poi divenuto amministratore delegato della STFER e noto per il suo progetto di sistemazione della rete, avrebbe proposto una variante di comando indiretto automatico di sua invenzione (*). La comunicazione del Piazza appare però singolare per essere del 1931, epoca nella quale già da almeno dieci anni le imperiali avevano perso il comando indiretto Thomson-Houston in favore di un comando diretto CGE; ma anche dal punto di vista tecnico la cosa appare strana, visto che nel 1913 i circuiti Thomson-Houston erano largamente impiegati sulle più grandi reti metropolitane europee (Parigi e Londra) e un inconveniente di una simile gravità non risulta sia mai stato segnalato.

Si esamina qui di seguito la comunicazione del Piazza, che in molti punti appare oscura e contraddittoria.

(...) Fin dal 1913 una vettura della Società delle Tramvie e Ferrovie Elettriche di Roma fu equipaggiata con un apparecchio di avviamento automatico. In quel tempo alcune delle vetture di detta Società erano equipaggiate con il sistema multiplo, che oltre a richiedere un'accurata manutenzione, dava luogo qualche volta al grave inconveniente di non poter togliere in nessun modo corrente ai motori (salvo naturalmente che con l'abbassamento del trolley), quando alcuni dei contatti elettromagnetici rimanevano fra loro attaccati. Il collegamento in multiplo richiedeva poi un cavetto di 12 fili.

 Il cavo di multiplo consisteva di 8 fili (ved. schema sopra riportato) e non di 12.

Fu studiato allora dall'ìng. Spagnuolo uno schema di equipaggiamento che aveva le seguenti caratteristiche. II controller aveva tre posizioni. Passando dallo zero alla posizione 2, i motori erano in serie e le resistenze venivano gradatamente escluse. Se durante l'avviamento si voleva arrestare in un qualunque punto la progressiva esclusione delle resistenze bastava ritornare sulla prima posizione. Mettendosi direttamente sulla 3.a si aveva l'avviamento progressivo della vettura con l'esclusione totale delle resistenze e con il sistema detto del ponte dalla serie al parallelo.

Si tratterebbe della disposizioni in uso su molte apparecchiature per accelerazione automatica. Il circuito originale delle imperiali usava transizione con apertura del circuito e non a ponte.

Nel controller di comando oltre ai contatti per il comando vi erano due contatti e due segmenti attraverso ai quali passava la corrente principale non solo della motrice di testa, ma anche di quella eventuale di coda. Tali contatti si chiudevano però un istante prima di dar corrente all'apparecchio di avviamento e si aprivano dopo che l'apparecchio di avviamento aveva già tolto corrente ai motori. Essi restavano quindi sempre in ottime condizioni, cosicché nel caso in cui l'apparecchio o gli apparecchi di avviamento per una qualunque ragione non si fossero trovati in condizione di non interrompere la corrente ai motori, si aveva sempre il mezzo sicuro di togliere corrente a tutto il treno senza manovre supplementari.

Quindi il controller per il comando automatico portava anche un interruttore, attraverso il quale doveva passare corrente assorbita da entrambe le motrici. Dando per valido l'equipaggiamento con 4 motori da 60 HP per motrice, la potenza totale sarebbe stata di 350 kW con una corrente massima assorbita di 700 A; immaginiamo le dimensioni di questi contatti, quelle dell'inevitabile soffiatore magnetico e lo sforzo richiesto al braccio del macchinista e non si vede inoltre come fosse possibile, con mezzi semplici, garantire che, in un rapido ritorno a zero, l'apertura dei contattori precedesse effettivamente quella dell'interruttore.

L'avviamento automatico era controllato non dalla corrente principale, ma congiuntamente dalle correnti dei singoli motori o singole coppie di motori.

La frase non è chiara; vi era forse un relè di accelerazione per ogni motore? e come erano collegati i quattro relè?

Se l'apparecchio di avviamento restava su una posizione intermedia, non era più possibile dar corrente ai motori.

Questo è ancora più oscuro: per "posizione intermedia" il Piazza intendeva posizione reostatica? e che significa che "non era possibile" alimentare i motori?

La vettura od il treno potevano essere frenati elettricamente.

Il circuito originale non dispone di freno elettrico; se quello del Piazza lo prevedeva, avrebbero dovuto almeno aversi le relative posizioni sul controller.

In un treno di più motrici, con e senza rimorchi intermedi, solo la motrice anteriore teneva il trolley alzato.

Questo è un altro punto dubbio: un trolley a rotella poteva portare 700 A? Così, a occhio e croce, sembrerebbe di no.

Si poteva naturalmente escludere l'uno o l'altro dei motori. Oltre al fusibile principale, ogni motore ne aveva uno proprio proporzionato esattamente alla sua potenza.

Non si capisce cosa abbia a che fare l'esclusore dei motori con i fusibili che sarebbero stati singoli per motore, disposizione mai usata (con i motori in serie si sarebbero avuti due fusibili in serie e un apposito teleruttore avrebbe variato la loro taratura?).

Per il collegamento in multiplo bastava per il comando un cavetto a 5 fili. Il detto apparecchio d'avviamento era esclusivamente elettrico e non necessitava dell'aria compressa, di guisa che in caso di avaria al compressore si poteva sempre marciare con le necessarie precauzioni. Alla serie ed al parallelo dei motori provvedevano tre contattori mentre l'esclusione delle resistenze era ottenuta da un cilindro restante nell'olio.

Sarebbe stata la prima applicazione di un controller in olio.

Una vettura così equipaggiata restò in circolazione per circa un anno. Furono notati due inconvenienti: la formazione di parti carboniose nell'olio e l'insufficienza del motorino d'avviamento. Si volevano eliminare tali difetti con un albero a cames e contatti in aria e con un motorino più potente. Il sopraggiungere della guerra distolse l'ing. Spagnuolo da tale studio.

Che un ingegnere che lavora in trazione elettrica, rivolgendosi ad un pubblico di esperti, chiami " motorino di avviamento" un servomotore è veramente incredibile; ed è anche poco credibile che una vettura con questo equipaggiamento abbia circolato sulla rete dei Castelli senza che se ne sia mai trovata la minima traccia.

Osservazione. - Esaminando lo schema dei circuiti delle imperiali sopra riportato non si riesce assolutamente a trovare una possibile causa dell'inconveniente segnalato dal Piazza: tutto il circuito è alimentato da un unico punto, una delle bobine V1, V2 dell'invertitore e non è possibile la formazione di circuiti trasversali. Naturalmente, si potrebbe anche pensare a blocchi meccanici dei contattori o dei contatti del controller, ma si tratterebbe in tal caso di componenti difettosi che nulla avrebbero a che fare col circuito.

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(*) Da L'elettrotecnica, 5 giugno 1931.


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rev. D3 22/03/19