tram e trasporto pubblico a Roma
Tracciato, armamento, depositi, officine
Binari e armamento
Linea aerea
Depositi e officine
Tracciato delle linee
Le particolari caratteristiche piano-altimetriche della città hanno determinato, specie per la parte centrale della rete eliminata con la riforma del 1930, un andamento tormentato dei binari tramviari; rari, almeno nel periodo di sviluppo prevalentemente cittadino della rete, i tratti in rettilineo, frequenti le curve e le controcurve di raggio fino a 15 metri, le livellette con pendenze fino all'80 per mille, le intersezioni, gli incroci. In alcuni casi il binario affiancato al marciapiede imponeva delle limitazioni alla circolazione di determinati tipi di rotabili, come per il capolinea del 4 a via Eleonora Duse che non permetteva il transito delle articolate Stanga; le quali ultime, all'atto della loro immissione in servizio, nel 1948, dovettero circolare per qualche tempo sulla sola linea 37, in attesa che sul resto della rete si modificassero alcune curve che rendevano impossibile l'incrocio di due di queste vetture e fu proprio questo il motivo per cui le Stanga, quando furono immesse sulla circolare rossa, poterono dapprima fare servizio solo sulla ED. Le caratteristiche sono migliorate poi per alcune linee sviluppatesi, dopo il 1930, nella zona sud di Roma.
Agli inizi del secolo e nei successivi anni di proliferazione tumultuosa delle linee tramviarie era cosa comune la posa dei binari in strade per le quali risulterebbe oggi impensabile la presenza del tram: si pensi alle linee SRTO per le esposizioni del 1911 che transitavano per via degli Astalli, piazza Grazioli, via della Gatta e piazza del Collegio Romano; al doppio binario in via Condotti e in via dei Serpenti, talvolta con le rotaie esterne a un metro o meno dall'orlo del marciapiedi; il binario ai Borghi vicino a San Pietro; in via Francesco Crispi, ecc..
Nei viali sufficientemente larghi, seguendo in ciò l'esempio di molte capitali europee (Parigi, Budapest, Vienna) i due binari erano posti ai lati, ancora a piccola distanza dal marciapiedi; troviamo questa disposizione sulla linea di Monte Mario in viale delle Medaglie d'Oro, in corso d'Italia tra piazza Fiume e porta Pia e in un tratto ancor oggi esistente sulla linea del viale delle Belle Arti, dall'incrocio di via Flaminia a Valle Giulia.
Numerosissime, sulle linee SRTO, le interconnessioni dei due binari (comunicazione, bretella o crossover), spesso utilizzate per i servizi limitati; la municipale, non si sa perché, soppresse gran parte delle interconnessioni, ma ne restò qualcuna per lungo tempo, come ad esempio in viale del Parco del Celio (dove ve ne erano anzi due, tutt'ora presenti, a breve distanza l’una dall’altra), una sulla linea 3 a poca distanza del capolinea di piazza Lodi, evidentemente un ricordo del tempo in cui il capolinea era tronco, mentre all'altro capolinea della 3, a via Bertoloni l'interconnessione restò in uso fino alla soppressione del tram.
Circa la disposizione dei capolinea, i primi, sulle linee SRTO, furono quasi tutti di tipo tronco e solo con l'introduzione dei rimorchi si cominciarono a usare i capolinea ad anello. L'inversione di marcia ad un capolinea tronco mediante sgancio e riaggancio della motrice dalla parte opposta del rimorchio (il così detto salto della motrice) è stata praticata a Roma per poco tempo nei primi anni di esercizio, ad esempio in piazza del Popolo fino al giugno 1910; restò in uso invece per alcuni servizi speciali, come per i treni ATM di servizio per lo stabilimento Viscosa sulla via Prenestina (1924) e per il servizio per le corse a Capannelle. Numerosi invece i capolinea a triangolo, sui quali l'inversione del treno si aveva con una manovra a marcia indietro ed in caso di treni con rimorchio, durante la manovra a ritroso il fattorino del rimorchio era tenuto a restare nella piattaforma in funzione di pilota.
Il triangolo di inversione del 5 a p. Crati (1932).
Nell'età d'oro del tram si ebbero poi nodi e capolinea, di transito e terminali, complessi e intricati: piazza Venezia fino al 1926, transito per le linee che da Termini scendevano per via Nazionale dirette a San Pietro e a ponte Garibaldi, oltre che capolinea per le linee di via Cavour attraverso il Foro Traiano e, fino al 1916, di linee della STFER per i Castelli Romani. Qualcuno ancora ricorda la disposizione dei binari alla spina di Borgo, dove questi, biforcandosi, percorrevano in un senso Borgo Vecchio e nell'altro Borgo Nuovo per riunirsi davanti al colonnato di San Pietro, punto dal quale si diramavano le linee attraverso via del Sant'Uffizio per la Madonna del Riposo e la stazione di San Pietro e quelle per Borgo Angelico verso piazza Risorgimento.
In piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, per molti anni vi furono quattro binari, due di transito e due di capolinea e successivamente un lungo anello servì per l'inversione di marcia per le linee che terminavano alla stazione, mentre quelle in transito provenienti da piazza Indipendenza e da via Volturno proseguivano per via Cavour. In via Marsala, per i primi anni Trenta, su un binario tronco facevano capolinea le piccole motrici bidirezionali del 10, mentre all'incirca allo stesso punto prima del 1930 si arrestavano le motrici della TFE, provenienti dal Verano.
Quattro binari in p. dei Cinquecento (1909).
Molte piazze erano poi percorse dai binari per tutta la loro circonferenza: era pratica usuale evitare che il tram tagliasse il centro della piazza e ciò lo si poteva vedere quasi ovunque, in piazza del Popolo, in piazza Quadrata (già Trasimeno, poi Buenos Ayres), in piazza della Regina, in piazza Mazzini.
In numerosi capolinea stazionava una vettura d'aspetto, specie di sala d'aspetto per i viaggiatori: troviamo la vettura d'aspetto nella gestione SRTO a San Giovanni, a piazza Venezia e a piazza San Silvestro (1910) e in gestione ATAG a Portonaccio (1932).
Infine, due cavalcavia su linee ferroviarie ebbero, fin dalla loro costruzione, un doppio binario, che non fu però mai utilizzato: il cavalcavia a via L’Aquila e il ponte della Ranocchia.
La linea 2 a binario unico in via Denza (primi anni Trenta).
"Come si costruisce una tramwia elettrica": è il titolo
della raccolta di fotografie di un ignoto autore.
Dall'alto a sinistra due immagini di p. del Popolo, una di v. del Tritore e tre
di v. IV Fontane alle origini del secolo XX.
Come si è già accennato, la rete dei trasporti urbani romani ebbe tre diversi scartamenti, quelli ridotti di 1000 e 950 mm rispettivamente sulla ferrotramvia Roma-Civitacastellana-Viterbo e sulla ferrovia Roma-Fiuggi e lo scartamento normale tramviario di 1445 mm. Le rotaie usate, a parte una iniziale applicazione dei tipi De Merbe e Hartwich per alcune linee a cavalli, sono state le usuali Vignoles e Phoenix.
La rotaia Phoenix dei tram a cavalli si presentava di tipo molto leggero, con larghezza del canale di 35 mm e della superficie di rotolamento di 38 mm; il peso non ne è noto, ma difficilmente doveva superare i 30 kg/m. Questa rotaia fu anche utilizzata per le prime linee a trazione elettrica e successivamente per qualche binario nei depositi (per un certo tempo fu chiamata rotaia da deposito); qualche tratto di binario con questa rotaia è giunto fino a dopo la seconda guerra mondiale, per esempio in via Galvani, su un tronco di sosta davanti alla stazione di Trastevere (esistente nel momento in cui si scrivono queste note) e su un analogo in piazza Thorwaldsen, successivamente ricostruito in raddoppio. Si utilizzarono poi rotaie più pesanti da 36 e da 44 kg/m, fino a giungere a quelle attualmente utilizzate nei recenti impianti, dal 1970 ad oggi, da 52 kg/m. Le rotaie Vignoles si utilizzarono in molte linee in sede propria: le troviamo originariamente sul viale Aventino, in via Ostiense, in via di Santa Costanza, in viale dell’Università e qualche applicazione è anche giunta fino agli anni Sessanta; in generale, già a partire dagli anni Quaranta, si nota una generale tendenza ad utilizzare le Phoenix anche per i tratti in sede propria, utilizzazione oramai generale, anche perché tratti di linea tramviaria veramente in sede propria in Roma non se ne sono quasi più costruiti; le sedi proprie sono in generale percorribili anche da mezzi gommati, dovendosi in molti casi prevedere un passaggio per i mezzi di soccorso.
L'armamento utilizzato è stato quasi sempre quello ordinario con traverse in legno anche se sono stati fatti degli esperimenti di montaggio delle rotaie su platea di cemento senza traverse e con tiranti di scartamento (via Salaria da piazza Fiume a via Po, via Flaminia fino agli anni Sessanta).
Attualmente si ricorre ancora alla platea di calcestruzzo, ma per appoggiarvi il binario premontato su traverse in legno, con largo uso di materiali ammortizzatori in gomma e materie plastiche; in un tratto di viale Regina Margherita è stato installato un armamento prefabbricato su platea in cemento armato con copertura in piastre di calcestruzzo imbullonate.
Fra curve e rettifili, specie dopo l’arrivo delle Stanga, sono stati inseriti i raccordi parabolici, mentre già in precedenza l’ATAC aveva fatto esperimenti di iscrizione veloce in curva. Nelle prove del 6 e 7 agosto 1947 eseguite con vetture MRS sulla linea della circolare interna sinistra in normale esercizio si raggiunsero comunemente accelerazioni centrifughe di 1,55 m/s2 e contraccolpi (variazione di accelerazione nel tempo) di 1,79 m/s3, mentre in corse di prova notturne si è giunti ad accelerazioni massime di 2,29 m/s2 con contraccolpo di 3,05 m/s3, in percorsi sprovvisti di raccordi parabolici. Per confronto, si tenga presente che in campo ferroviario i valori massimi normalmente ammessi sono rispettivamente di 1 m/s2 e 0,45 m/s3.
Lo scartamento è sempre stato quello, normale in Italia per le tramvie, di 1445 mm.
Lavori all'Esquilino e a p. S. Maria Maggiore, ottobre-novembre 1929.
Lavori al Verano, gennaio 1930 e in via Magnagrecia, aprile 1939.
La sospensione della rete aerea nelle linee centrali utilizzò, all'inizio e per qualche decennio in seguito, i tiranti ancorati alle pareti degli edifici a mezzo di rosoni, artisticamente decorati che, dotati di una molla al loro interno, conferivano una certa elasticità alla rete; col passar del tempo i rosoni sono stati abbandonati per ancoraggi più semplici, ma molti di essi ancor oggi si trovano sulle facciate degli edifici ed aiutano l'archeologo tramviario a stabilire dove passò un tram.
In periferia o in strade nelle quali la sospensione a tiranti non poteva essere utilizzata, come ad esempio sui lungotevere, furono utilizzati pali di varia foggia e costruzione: da semplici pali in legno, a pali in ferro con mensola arcuata e talvolta elegantemente decorata. Caratteristiche, a tale proposito, alcune linee SRTO a due fili di contatto, uno per ogni senso di marcia per evitare gli scambi aerei, come la linea per San Paolo sul lungotevere di fronte alla Sinagoga. Si hanno anche esempi di sospensioni primitive con pali e attacco diretto, non molleggiato, degli isolatori, come nella linea che traversava il Foro Romano per la via della Consolazione.
In qualche linea si impiegarono sistemi di sospensione più complessi, come nell'impianto del 1958 sulla via Prenestina (linea 14) con catenaria contrappesata tipo FS, che restò però un esempio isolato. Per le linee successivamente realizzate dagli anni Settanta in poi (linee in via Flaminia, viale Tiziano, viale delle Milizie e impianti su ponte Garibaldi e via Arenula) si utilizzò in gran parte la sospensione semplice, che può ottenersi oggi in modo molto semplificato ricorrendo ad elementi in fibra di vetro ed altri materiali robusti e isolanti, che evitano l'impiego dei grossi e caratteristici isolatori di sospensione; fecero eccezione nel 1990 il tratto terminale della linea di via Flaminia verso piazzale Flaminio e il tronco mai utilizzato per il capolinea di fronte alla stazione della Roma Nord per i quali, come già abbiamo avuto occasione di raccontare, si vollero attrezzare, con una trovata tanto peregrina quando di dubbio gusto, dei massicci portali di sostegno della linea aerea; allo smantellamento del capolinea di fronte alla Roma Nord, anche i portali dell'ultimo tratto di linea in via Giambattista Vico e in piazzale Flaminio furono sostituiti da una sospensione di tipo usuale.
Rimesse per i tram a cavalli
Poche sono le notizie pervenuteci sulle rimesse dei tram a cavalli della SRTO: abbiamo accennato alle rimesse con scuderie di via Cernaia, via Flaminia e San Lorenzo che passarono alla SRO nel 1884 da parte della Impresa Tramways; sotto la gestione SRTO i tram a cavalli furono in gran parte ricoverati nella rimessa, citata, di via Flaminia e nel deposito fuori porta Maggiore inaugurato nel 1889. Sembra infine che un'altra rimessa si trovasse al circo Massimo (l'area oggi libera era allora occupata da numerose costruzioni).
Il deposito SRTO di via Flaminia sarà completamente trasformato e adattato per altri impieghi nel 2000, venendosi così a perdere l’occasione unica di poter costruire un museo del trasporto pubblico romano in un’area che, per la sua storia, non poteva essere più adatta.
Depositi della SRTO per la rete a trazione elettrica
Il primo deposito della SRTO attrezzato per i tram elettrici fu quello situato in via Dogali, oggi via Romagna, dal quale, come si è detto, partirono le vetture dell'inaugurazione del servizio il 19 settembre 1895. Il deposito si trovava nell'area oggi occupata dall’edificio con il numero 2 di via Romagna e 59c di via Campania.
La rimessa di via Dogali nel 1895.
Successivamente anche la rimessa della via Flaminia ed il deposito di porta Maggiore furono utilizzati per il ricovero dei tram elettrici; entrambi passeranno all'azienda municipale, la prima nel 1929 (18 aprile) al passaggio dell'ultima linea SRTO, la 16 da San Pietro a San Giovanni, all'ATG e il secondo nel 1922.
L'interno del deposito Porta Maggiore ai tempi della SRTO e nel 1984.
Depositi della rete municipale; officine centrali ATAG
In previsione dell'esercizio delle proprie linee la AATM avviò la costruzione di due depositi, uno presso quella che sarebbe poi divenuta piazza Caprera* e l'altro in prossimità di piazza di S. Croce in Gerusalemme, in adiacenza delle mura aureliane.
Il deposito Caprera fu previsto per ricoverare 150 vetture e raccordato alla rete municipale da un binario che per la piazza Caprera e le vie Alpi, Zara e Alessandria si innestava sul binario municipale in piazza della Regina, dove dal 1911 farà capolinea la linea I. Nonostante le premesse, il deposito, completato nel 1911, non sarà mai utilizzato come tale, ma solo come rimessa e deposito di materiali da costruzione e di armamento; dal 28 dicembre 1929, per il trasferimento del cantiere binari alle officine di via Prenestina, sarà utilizzato in via provvisoria come deposito per autobus e sarà defintivamente chiuso nel 1934. Il capannone presente nella rimessa sarà riutilizzato nell'attuale piazza Caduti del 19 luglio 1943, a San Lorenzo, dove l'azienda ha rilevato già dal 1931 i locali del capolinea della soppressa tramvia a vapore Roma-Tivoli, aprendo all'esercizio dal 1° dicembre 1933 la nuova autorimessa Tiburtina. Questa rimessa sarà chiusa nel 1938 e il capannone della rimessa Caprera ulteriormente riutilizzato, questa volta per la filorimessa provvisoria Eritrea, montandolo in un’area nei pressi dell’attuale piazza Santa Emerenziana, allora in aperta campagna.
Il deposito di Santa Croce, ancora in costruzione nel 1910 sarà inaugurato solo nel 1912, ossia dopo l'apertura della prima linea AATM che avvenne nel marzo del 1911 e per mancanza di un proprio deposito le vetture della AATM furono per più mesi parcheggiate all’aperto su un terreno nelle vicinanze, ciò che sembra non abbia contribuito al buon aspetto delle vernici notato all'atto della messa in esercizio. Il deposito di Santa Croce sarà utilizzato dall'azienda municipale (ATM, ATG, ATAG) fino al 1929 (28 dicembre) e successivamente come rimessa autobus fino al 1934 (14 agosto), convertito infine in stazione di servizio per gli autoveicoli. Impiegati in seguito per varie funzioni ausiliarie, i locali di Santa Croce sono abbandonati dall'ATAC nel 1999; tutte le strutture del deposito sono state successivamente demolite ed oggi nell'area occupata da un parco pubblico a fianco delle mura aureliane nessuno riconoscerebbe più la struttura che nel 1912 ospitò le prime motrici e i primi rimorchi della AATM.
Il deposito di S. Croce quando i palazzi su viale Carlo Felice
non erano ancora costruiti; lo stesso utilizzato per autobus dopo il 1930.
Nel 1919 l'ATM inaugurò un secondo deposito, a parte quello sulla via Prenestina (deposito di porta Maggiore) che le proverrà dalla SRTO, nella attuale piazza Bainsizza, località allora chiamata genericamente piazza d'Armi; di conseguenza il nuovo deposito si chiamò all'inizio deposito Piazza d'Armi, per essere poi rinominato in deposito della Vittoria (o delle Vittorie) a causa della denominazione che si dette a quella parte del quartiere Prati allora in edificazione. Questo deposito fu chiuso all'esercizio tramviario all'epoca dello smantellamento della rete tramviaria romana, nel 1963; fu poi utilizzato come rimessa di autobus e sarà demolito verso il 2007.
Il deposito Vittoria: l'inaugurazione, l'interno (l'ultima motrice è
l'innaffiatrice) e il lato su via Monte Santo.
Nel 1928 (2 aprile) fu inaugurato il terzo, e forse il più grande, deposito tramviario municipale: è quello posto in via di Grottaperfetta presso San Paolo, raccordato alla linea proveniente da porta San Paolo; in omaggio ai tempi prende il nome di deposito del Littorio e dopo la guerra sarà più modestamente e forse più giustamente chiamato deposito San Paolo; ospiterà i tram fino al 1961, ossia anch'esso come il deposito Vittoria fino al tramonto dei tram romani. Dal febbraio del 2004 non ospita più rotabili; dopo essere stato dichiarato struttura di interesse archeologico industriale, sembra debba essere avviato alla demolizione nel primo decennio del 2000.
Il deposito Littorio, poi S. Paolo.
Il deposito di appartenenza delle motrici tramviarie, nelle gestioni ATAG e ATAC, era indicato da un dischetto colorato apposto in alto sul vetro del finestrino laterale frontale, a destra del conducente: i colori adottati erano nero per il deposito di Porta Maggiore, azzurro per il deposito Vittoria e rosso per il deposito del Littorio o San Paolo.
Nel 1921 l’azienda municipale rileva i locali delle Officine Meccaniche di Roma, già A. Tabanelli e C., e quelli di un attigua impresa di costruzioni, formando il primo nucleo delle future officine centrali aziendali, che saranno in seguito portate alle dimensioni attuali mediante il successivo acquisto di un cementificio e di alcuni locali già in uso all’Alfa Romeo.
Destinate alla grande manutenzione e alla revisione di tutti i veicoli aziendali, le officine ospitarono in tempi diversi varie attività aziendali, tra le quali la sezione vie e lavori, il servizio impianti fissi, il cantiere binari; e sono state anche utilizzate come deposito di autobus e tram.
Le officine centrali nel 1935 e nel 1941.
Altre rimesse utilizzate per i tram
Nella seconda metà degli anni Trenta l’ATAG deve provvedere uno spazio per la costruzione dei nuovi tram articolati che si prevede di ottenere dalla riutilizzazione di motrici e rimorchi ad otto finestrini. A tale scopo acquista i locali di una fornace nella zona della Valle dell'Inferno, dove demolendo i preesistenti fabbricati, costruisce dei capannoni metallici raccordati alla rete tramviaria con un binario unico che si stacca dalla linea per Monte Mario in via Candia. La costruzione delle vetture articolate avverrà invece in uno stabilimento appositamente costruito sulla via Casilina ed i locali della Valle dell'Inferno saranno utilizzati per ricoverare le vetture filoviarie delle linee del settore est della città; l'impianto assumerà la denominazione filorimessa Angelo Emo, che sarà successivamente cambiata in Trionfale.
Occorre infine ricordare il cantiere binari di Portonaccio, costruito su un terreno sembra precedentemente di proprietà della TFE, società esercente la tramvia Roma-Tivoli, raccordato alla rete tramviaria sulla via Tiburtina ed alla rete ferroviaria delle FS.
Il cantiere Portonaccio (1941); a destra il binario di raccordo con la rete ferroviaria.
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* Sull'area oggi occupata dal liceo G. Cesare.
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rev. A3 01/06/21